Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog
30 gennaio 2010 6 30 /01 /gennaio /2010 18:12

J.D.Salinger - Il giovane Holden - Einaudi, Torino, 1997, pp. 248.Cover-for-Blog.jpg

traduzione di Adriana Motti.


Il diciassettenne Holden Caufield è un adolescente ribelle che poco prima di un Natale dei primi anni '50 viene espulso dall'Istituto Pencey, college della Pennsylvania. Il giovane, senza dire nulla ai genitori, ne approfitta per intraprendere la sua piccola avventura nella Grande Mela dove inizia a vagare tra locali e stamberghe in cerca delle emozioni del mondo adulto e, in fondo, della sua stessa maturità che sente vicina e della quale tutto sommato ha paura.

Holden è sì un giovane coraggioso e ribelle, ma in fondo è soprattutto un bravo ragazzo che vuole soltanto realizzare un suo piccolo sogno di libertà prima di fare rientro a casa. Durante questa breve esperienza Holden rimpiange quella sua "infanzia schifa" che progressivamente si vede sfuggire di mano; teme l'approssimarsi dell'età adulta che percepisce fatta di falsità ed apparenza e critica rabbiosamente la società americana che è così distante dal suo modo fatto di amicizie, affetti e sincerità.

Sono passati cinquant'anni da quando è stato scritto, ma continuiamo a vederlo, Holden Caufield, con quell'aria scocciata, insofferente alle ipocrisie e al conformismo, lui e la sua "infanzia schifa" e le "cose da matti che gli sono capitate sotto Natale", dal giorno in cui lasciò l'Istituto Pencey con una bocciatura in tasca e nessuna voglia di farlo sapere ai suoi. La trama è tutta qui, narrata da quella voce spiccia e senza fronzoli. Ma sono i suoi pensieri, il suo umore rabbioso, ad andare in scena. Perché è arrabbiato Holden? Poiché non lo si sa con precisione, ognuno ha potuto leggervi la propria rabbia e assumere il protagonista ad "exemplum vitae".

Leggete questo libro diverrà sicuramente uno dei vostri preferiti.


Riassunto del 24° Capitolo – La strana notte –

Per arrivare dal prof. Antolini, pur non volendo spendere i soldi di Phoebe, Holden prese svogliatamente un taxi. Il professore era quasi del tutto ubriaco, come sua moglie, Lillian, che, servito il caffè, andò a letto. Seguitò una lunga discussione tra il ragazzo e il professore, che cercava di fargli capire il senso della sua vita, di cosa poteva fare da grande, ma l’ascoltatore tremendamente stanco non capiva quasi più niente. Di conseguenza gli fu preparato il letto e poté riposarsi.

 

Riportiamo di seguito il brano della seconda conversazione, nel sottofinale del romanzo, tra il Professor Antolini e il giovane Holden estratto dal XXIV capitolo.


Il professore e la signora Antolini stavano in quell'appartamento molto chic sulla Sutton Place, con una stanza di soggiorno che per andarci si scendono due scalini e il bar e tutto quanto.

 

C'ero stato parecchie volte perché, dopo che avevo lasciato Elkton Hills, il professor Antolini era venuto spesso a pranzo da noi per sapere come me la cavavo. Allora non era sposato. Poi, quando si era sposato, ero andato spesso a giocare a tennis con lui e con la signora giú al circolo di tennis del West Side, a Forest Hills a Long Island. La signora Antolini era socia.

Era stracarica dí quattríni. Aveva una sessantina d'anni piú del professor Antolini, ma sembrava che andassero molto d'accordo. Tanto per cominciare, erano tutt'e due molto intellettuali, specie il professor Antolini, solo che a starci insieme era piú brillante che intellettuale, un po' come D.B.(1)

La signora Antolini era un tipo serissimo. Aveva un'asma tremenda. Avevano letto tutti i racconti di D. B. sia lui che lei - anche la signora - e quando D. B. andò a Hollywood il professor Antolini gli telefonò per dirgli di non andarci. Lui c'era andato lo stesso, con tutto che il professor Antolini gli aveva detto che quando uno sa scrivere come D. B. non ha niente da spartire con Hollywood. Proprio quello che dicevo io, stringi stringi.

Sarei voluto andare a piedi fino a casa loro, perché se non ci ero tirato per i capelli non mi andava di spendere neanche un centesimo dei soldi di Natale di Phoebe, ma quando uscii mi sentii strano. Come un po' stordito. Allora presi un tassí. Non mi andava, ma lo presi. E mi ci volle un sacco di tempo solo per trovarlo.

Fu il vecchio professor Antolini ad aprirmi la porta quando sonai - dopo che il ragazzo dell'ascensore si era finalmente deciso a portarmi su, quel bastardo. Era in vestaglia e pantofole, e aveva un cocktail in mano.

Era un tipo molto sofisticato, e un bevitore tutt'altro che disprezzabile.

 

(1) D.B – solamente nominato, D.B. è il fratello maggiore di Holden che vive a Hollywood e scrive libri come «Il pesciolino nascosto». Secondo il narratore è andato nella Capitale del cinema solo per sputtanarsi : questa volgare espressione viene senza dubbio usata per rendere più evidente il disprezzo del protagonista del libro nei confronti dei film

 

- Holden, ragazzo mio! - disse. - Dio santo, questo è cresciuto ancora mezzo metro. Mi fa piacere vederti.

 

- Come sta, professore? Come sta la signora?

 

- Stiamo come pascià tutti e due. Dammi quel soprabito -.

 

Mi tolse il soprabito e lo appese.

 

- Mi aspettavo di vederti con un neonato tra le braccia. Senza sapere dove sbattere la testa. Con fiocchi di neve sulle ciglia -.

 

Era proprio un gran burlone, certe volte. Si girò e gridò verso la cucina.

 

- Lillian! Arriva questo caffè? –

 

La signora Antolini si chiamava Lillian.

 

 

- È pronto! –

 

 gridò lei di rimando. –

 

 - C'è Holden? Salve, Holden!

 

Holden e il Professor Antolini parlano della scuola, dei compagni. Divagano un po'. La signora Antolini porta un caffè. Quindi il  Professore entra nel vivo della conversazione.

 

- Un paio di settimane fa ho pranzato con tuo padre,-

 

disse tutt'a un tratto.

 

- Lo sapevi?

 

- No, non lo sapevo.

 

- Naturalmente lo capisci che è molto preoccupato per te.

 

- Lo so. Questo lo so, -

 

 dissi.

 

- A quanto pare, prima di telefonarmi aveva ricevuto dal tuo ultimo preside una lunga lettera piuttosto penosa, nella quale lo si informava che tu non ti impegnavi affatto. Saltavi i corsi. Ti presentavi regolarmente impreparato. Insomma, eri del tutto...

 

- Non saltavo nessun corso. Mica lo permettono. Ce n'erano un paio che una volta al secolo mi risparmiavo di andarci, per esempio quell'Esposizione Orale che le ho detto prima, ma non ho mai saltato i corsi.

 

Non avevo la minima voglia di parlarne. Il caffè mi faceva sentire un po' meglio con lo stomaco, ma avevo ancora quel tremendo mal di capo.

Il professor Antolini si accese un'altra sigaretta. Fumava come un turco. Poi disse:

 

- Francamente, non so che diavolo dirti, Holden.

 

- Lo so. Parlare con me è un problema difficile. Me ne rendo conto.

 

- Ho l'impressione che tu ti stia deliberatamente preparando a un capitombolo, un terribile capitombolo. Ma, onestamente, non so di che genere... Mi senti?

 

- Sí.

 

Era chiaro che stava cercando di concentrarsi eccetera eccetera.

 

- Può essere di quel genere per cui a trent'anni te ne stai seduto in un bar odiando tutti quelli che entrano se appena appena hanno l'aria d'aver giocato a rugby in un'università, oppure, puoi racimolare quel tanto di istruzione che basta per odiare la gente che dice “Tolto io, c'erano tutti”. O forse finirai in qualche ufficio, a scaraventare cancelleria sulla testa della stenografa piú vicina. Non lo so, francamente. Ma tu sai dove voglio arrivare, almeno?

 

- Sí. Certo, -

 

dissi. E lo sapevo, infatti. - Però tutta quella storia dell'odio è sbagliata. Voglio dire, odiare quelli che giocano a rugby e compagnia bella. Sbagliatissima. Non odio mica tanta gente, io. Posso odiarli per un poco, magari, questo sí, come Stradlater, un tale che c'era a Pencey, e quell'altro, Robert Ackley. Ogni tanto li odiavo proprio, questo è vero, ma non durava mai molto, ecco. quello che voglio dire. Dopo un po', se non li vedevo, se non venivano in camera, o se non li vedevo in sala da pranzo per due volte di seguito, sentivo perfino la loro mancanza. Dico davvero, sentivo perfino la loro

mancanza.

Per un poco il professor Antolini non disse niente. Si alzò, prese un altro cubetto di ghiaccio, lo mise nel suo cocktail, poi tornò a sedersi. Era chiaro che stava pensando. Io però avrei voluto con tutta l'anima che continuasse quel discorso la mattina dopo, anziché in quel momento, ma lui era partito in quarta. La gente ha sempre la smania di discutere quando tu non ce l'hai.

 

- Benissimo. Ora stammi a sentire un momento... può darsi che non esprima tutto questo in modo memorabile come vorrei, ma tra un giorno o due ti scriverò una lettera. Allora ti riuscirà tutto chiaro. Ma adesso sta' a sentire, ad ogni modo -.

 

Ricominciò a concentrarsi. Poi disse:

 

- Il capitombolo che secondo me ti stai preparando a fare... è un tipo speciale di capitombolo, orribile. A chi precipita non è permesso di accorgersi né di sentirsi quando tocca il fondo. Continua soltanto a precipitare giú. Questa bella combinazione è destinata agli uomini che, in un momento o nell'altro della loro vita, hanno cercato qualcosa che il loro ambiente non poteva dargli. O che loro pensavano che il loro ambiente non potesse dargli. Sicché hanno smesso di cercare. Hanno smesso prima ancora di avere veramente cominciato. Mi segui?

 

- Sí, professore.

 

- Sicuro?

 

- Sí.

 

Si alzò e andò a versarsi un altro cicchetto. Poi si sedette di nuovo. Per un pezzo non disse niente.

 

- Non voglio spaventarti, -

 

 disse poi

 

- Ma non stento affatto a vederti morire nobilmente, in un modo o nell'altro per una causa indicibilmente ignobile -.

 

Mi diede una strana occhiata.

 

- Se ti scrivo una cosa, la leggi con attenzione? E la conservi?

 

- Sí. Ma certo, -

 

dissi. E l'ho fatto, anche. Ho ancora il foglietto che mi ha dato.

Si avvicinò a quella scrivania dall'altra parte della stanza e senza nemmeno sedersi scrisse qualcosa su un pezzo di carta, poi tornò e si sedette con quel foglio in mano.

 

- Per quanto sembri strano, questo non l'ha scritto un poeta di mestiere, l'ha scritto uno psicanalista che si chiamava Wilhelm Stekel, ecco quello che... mi segui ancora?

 

- Ma sí, certo.

 

- Ecco quello che ha detto: “Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa”.

 

Si chinò in avanti e me lo porse. Io lo lessi subito appena lui me lo diede, e poi lo ringraziai eccetera eccetera e me lo misi in tasca. Era stato gentile a prendersi tutto quel disturbo, sul serio. Ma il fatto era che non mi sentivo di concentrarmi, ragazzi, tutt'a un tratto mi sentivo cosí maledettamente stanco.

Ma si vedeva lontano un miglio che lui non era stanco per niente. Tanto per cominciare, era brillo forte.

 

- Io credo, -

 

- disse, -

 

- che uno di questi giorni ti toccherà di scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto. Tu no.

 

Feci di sí con la testa perché lui mi guardava in faccia e via discorrendo, ma non ero troppo sicuro di capire che diavolo avesse in mente. Ero quasi sicuro di saperlo, ma in quel momento non ci avrei giurato. Ero troppo stanco, accidenti.

 

- E mi dispiace dirtelo, -

 

continuò,

 

- ma credo che non appena comincerai a vedere chiaramente dove vuoi andare, il tuo primo impulso sarà di applicarti allo studio. Per forza. Sei uno studioso, che ti piaccia o no. Smanii di sapere. E io credo che non appena ti sarai lasciato dietro tutti i professori Vines e i loro temi ora...

 

- I professori Vinson, -

 

dissi io. Voleva dire tutti i professori Vinson, non tutti i professori Vines. Però non avrei dovuto interromperlo.

 

- D'accordo, i professori Vinson. Non appena ti sarai lasciato dietro tutti i professori Vinson, allora comincerai ad andare sempre piú vicino, se sai volerlo e se sai cercarlo e aspettarlo, a quel genere di conoscenza che sarà cara, molto cara al tuo cuore. Tra l'altro, scoprirai di non essere il primo che il comportamento degli uomini abbia sconcertato, impaurito e perfino nauseato. Non sei affatto solo a questo traguardo, e saperlo ti servirà d'incitamento e di stimolante. Molti, moltissimi uomini si sono sentiti moralmente e spiritualmente turbati come te adesso. Per fortuna, alcuni hanno messo nero su bianco quei loro turbamenti. Imparerai da loro... se vuoi. Proprio come un giorno, se tu avrai qualcosa da dare, altri impareranno da te. È una bella intesa di reciprocità. E non è istruzione. È storia. È poesia -

.

 Si interruppe e mandò giú un bel sorso di cocktail. Poi ricominciò. Ragazzi, era proprio partito in quarta. Meno male che non avevo cercato di fermarlo né niente.

 

- Non sto cercando di dirti, -

 

prosegui, -

 

- che soltanto gli uomini colti e preparati sono in grado di dare al mondo un contributo prezioso. Non è vero. Ma sostengo che gli uomini colti e preparati, se sono intelligenti e creativi, tanto per cominciare, e questo purtroppo succede di rado, tendono a lasciare, del proprio passaggio, segni di gran lunga piú preziosi che non gli uomini esclusivamente intelligenti e creativi. Tendono ad esprimersi con piú chiarezza, e di solito hanno la passione di seguire i propri pensieri sino in fondo. E, cosa importatissima, nove volte su dieci sono piú modesti dei pensatori non preparati. Mi segui, di'. -

 

 - Sí, professore.

 

Ancora una volta non disse niente per un pezzo. Non so se vi sia mai capitato, ma è un po' faticoso starsene là seduto aspettando che uno dica qualcosa mentre pensa eccetera eccetera, sul serio. Mi sforzavo di non sbadigliare. Non è che mi annoiassi, per niente, ma tutt'a un tratto mi era venuto un sonno del diavolo.

 

- Gli studi accademici ti renderanno un altro servigio, se li prosegui per parecchio tempo, cominceranno a farti capire che taglia di mente hai. Che cosa le va bene e, forse, che cosa non le va bene. Dopo un poco, comincerai a capire a che specie di pensieri dovrebbe attenersi la tua particolare taglia di mente. Per dirne una, questo può farti risparmiare tutto il tempo che perderesti a provarti idee che non ti si addicono, che non sono adatte a te. Comincerai a conoscere le tue vere misure e a vestire la tua mente attenendoti a quelle.

 

Allora, tutt'a un tratto, sbadigliai. Razza di bastardo maleducato, ma chi ce la faceva piú. Però il professor Antolini si mise a ridere.

 

- Andiamo, -

 

 disse, e si alzò.

 

- Prepariamo il tuo divano.

 

Lo seguii, e lui andò a quell'armadio e cercò di prendere dall'ultimo ripiano lenzuola, coperte e vattelappesca, ma con quel bicchiere di cocktail in mano non ci riusciva. Allora se lo scolò tutto, posò il bicchiere per terra e poi tiro giú la roba. Io lo aiutai a portarla sul divano. Facemmo il letto insieme. Non è che lui fosse un fenomeno. Non rimboccava niente come si deve. Ma chi se ne infischiava. Roba che potevo dormire in piedi, tanto ero stanco.

 

- Come stanno tutte le tue donne?

 

- Magnificamente -.

 

 La mia eloquenza si sprecava, ma non mi sentivo in vena.

 

- Come sta Sally?

 

 Conosceva la vecchia Sally Hayes. Una volta   gliel'avevo presentata.

 

- Benissimo. L'ho vista oggi pomeriggio -.

 

 Ragazzi, pareva che fossero passati vent'anni! - Non abbiamo piú molto in comune.

 

- Carina da morire. E quell'altra ragazza? Quell'altra di cui mi hai parlato, quella del Maine.

 

- Oh, Jane Gallagher. Sta bene. Domani probabilmente le telefono.

 

Avevamo finito di fare il letto.

 

- È tutto tuo, -

 

disse il professor Antolini.

 

- Ma non so che diavolo farai delle gambe, però.

 

- Oh, va benissimo. Sono abituato ai letti corti, -

 

 dissi.

 

- Grazie mille, professore. Stanotte mi avete proprio salvato la vita, lei e la signora.

 

- Il bagno sai dov'è. Se hai bisogno di qualcosa lancia un urlo. Io per un po' resto in cucina; ti dà fastidio la luce?

 

- No, macché, no davvero. Grazie mille.

 

- Bene. Buonanotte, bello.

 

- Buonanotte. Grazie mille

 

Condividi post
Repost0

commenti

Presentazione

  • : Indipendent Collector Outsider Art
  • : Pubblicazione eventi culturali, ricerca spazi e luoghi espositivi, promozione di artisti.
  • Contatti

Arte Irrregolare ed altro